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A COSA SERVE IL DOJO KUN?

Dov'è nella tua vita?


Il rischio che recitare il Dojo Kun ad inizio a lezione diventi una passiva cantilena esiste.

Sta a noi essere presente nel ricordare i precetti scritti nella nostra tradizione.

Lo stesso rischio, d’altra parte, lo corre ogni nostro oizuki, avendo in comune col Dojo Kun la ripetizione costante, che può provocare la ribellione della mente o del corpo sulla base della motivazione “lo so già”, o “tanto ormai lo so a memoria”.


Allora è bene che costante non sia solo la ripetizione, verbale di un precetto o fisica di un’esecuzione tecnica, ma anche il monito: “lo so, ma forse non abbastanza” oppure “lo conosco, ma possono conoscerlo meglio”.

Soprattutto, il compito di un karateka è quello di applicarlo nel proprio quotidiano. Passare dalla teoria alla pratica.


Le regole sono poche, ma condensano tutto ciò che è necessario fare per aspirare ad avere un animo da puro marzialista:

  • Migliorare sé stessi in ogni aspetto, ovvero rintracciare nel nostro modo di essere le sfaccettature scomode, smussare gli angoli, rafforzare le proprie personali fragilità, affrontare le paure soggettive, modificare i limiti che ognuno di noi ha;

  • Percorrere la via della sincerità, ovvero rincorrere l’atteggiamento di apertura e di trasparenza verso ciò che si conosce, che si apprende, che si pratica.

  • Rafforzare la costanza del proprio spirito, cioè impegnarsi a diventare costanti, attraverso la fatica. Abbracciare l’abitudine di finire i propri compiti, portare a compimento le azioni, sacrificare la pigrizia al fine di ottenere uno spirito forte e pronto all’occorrenza.

  • Imparare e diffondere il rispetto universale, ossia impegnarsi a capire cosa significa rispettare tutto e tutti, anche laddove non siamo abituati a farlo, comprendere ciò che è diverso da noi e rispettarlo davvero. Applicarlo in ogni singolo gesto, attraverso la sospensione del giudizio e la gentilezza, e così facendo, contagiare gli altri con l'esempio.

  • Acquisire l’autocontrollo ed astenersi dalla violenza; significa saper controllare il proprio istinto, laddove esso possa condurre a gesti pericolosi, impulsivi, di cui potremmo pentirci o che potrebbero ferire altri. Controllare i propri impulsi ed essere padroni delle proprie reazioni.


Solo un’attenzione costante verso ciò che siamo, cosa proviamo e come ci comportiamo, senza maschere, può condurci ad un’applicazione del Dojo Kun che si rispetti. Stare sempre attenti a scovare il nostro pregiudizio, essere disposti a modificarlo, non pensare mai di sapere abbastanza, e allo stesso tempo non perdere mai la dignità, sia nel sapere che nel non sapere.

Essere umili, ma determinati nelle azioni, questo significa essere un marzialista puro.


Un buon esercizio per applicare questa attenzione concretamente è quello di tenere traccia di azioni concrete, non pensare di farlo "più o meno", ma vederlo nei nostri gesti, e poterlo raccontare.



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